Vive in Italia dall'età di 21 anni . Attivista politico fugge dall'Africa per non rischiare l'impiccagione. Racconta lui stesso che appena giunto in Italia viveva semplicemente come un esule : aveva amici italiani - i compagni di lavoro politico - si vestiva come loro, ascoltava la stessa musica e leggeva i medesimi libri, perciò non aveva idea di essere un “extracomunitario”, non sapeva di rappresentare una diversa etnia.
Dopo un paio d'anni di permanenza in Italia deve per forza a rendersene conto perché i continui messaggi negativi , verbali e non verbali, che gli arrivano e lo feriscono gli mostrano che viene considerato “diverso”, questi messaggi sono per esempio una signora che istintivamente stringe la borsa quando lo vede, la difficoltà ad ottenere la casa in affitto, il fatto di essere respinto nei bar e nei negozi prima ancora di poter dire una parola. Capisce che realtà intorno a lui è ostile. Scrive nella poesia “La Fossa”: Non lo vedo
Non lo vedo il confine
Al di là del quale
Mi imprechi di restare”.
In un primo momento tutto questo gli provoca una crisi di identità .
Era arrivato in Italia da un paese africano ma viveva come i suoi coetanei italiani e si vestiva come loro, ascoltava la stessa musica, leggeva gli stessi libri allora perché lui era diverso ? Scrive nel 1996 “Akhira – io sradicato poeta per fame” un libro di denuncia, pieno di risentimento, tanto che alcuni critici lo hanno definito
Ma Barole Abdu ha gli strumenti per capire e per trovare le parole così da poter raccontare agli altri quello che per molti versi è alienante e drammatico, sceglie la forma poetica come viatico per traghettare i suoi pensieri. Scrive “Sogni ed incubi di un clandestino”. Nel 2006 pubblica “ Seppellite il mio corpo in Africa” Da questi testi sono poi nati alcuni spettacoli e performance come “Scimmie verdi” , in cui Hamid Barole Abdu e Daniele Barbieri si scambiano l'identità: Hamid diventa un leghista che non vuole vedere immigrati e Daniele un eritreo arrivato in Italia.
Se al principio le sue parole sono piene di ribellione e rabbia, in seguito nel suo lavoro entrano anche toni più divertiti e ironici come nel vademecum per non farsi scambiare per un venditore di accendini se si sta in spiaggia con uno zaino e si ha la pelle scura.
Hamid Barole Abdu lavora anche come operatore psichiatrico, collabora con l'Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Emilia-Romagna per le problematiche relative all'immigrazione, con particolare riferimento al disagio psico-sociale. In qualità di esperto nelle politiche migratorie ed interculturali, Barole Abdu ha collaborato in varie Commissioni e Gruppi di lavoro (Ministero di Grazia e Giustizia, Sovrintendenza Scolastica Regionale, Tribunale dei Minori, Osservatorio sulla xenofobia), così come lo ha fatto in qualità di docente nella formazione degli operatori dei Servizi Socio Sanitari e nella formazione dei mediatori e facilitatori interculturali. Ha realizzato diversi progetti di ricerca e studi sul fenomeno immigratorio, pubblicando diversi articoli.
La testimonianza di Hamid Barole Abdu è molto importante perché offre a tutti noi la possibilità di condividere il suo punto di vista, è da qui che si comincia a costruire una cultura dell'integrazione. Per quanto si dica che l’Italia non sia un paese razzista, il razzismo in questo paese esiste ed è storicamente molto radicato: basti ricordare le leggi razziali del 1938 introdotte da Mussolini contro gli ebrei. Oggi assistiamo ad un ritorno sistematico di questo fenomeno.
È un razzismo più diffuso e più aggressivo, che gode di un’ampia legittimità istituzionale e di un consenso politico trasversale, la destra razzista più razionale è quella che dice: “Noi non abbiamo nulla contro gli stranieri, ma che vivano nella loro cultura a casa loro”, e un razzismo che assomiglia poco a quello che predicava la superiorità di una razza rispetto ad altre (Lo studioso di genetica Cavalli Sforza ha dimostrato come il patrimonio genetico di tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro colore, sia praticamente identico smontando una volta per sempre il mito della superiorità di razza) ora il conflitto razziale si è radicato nello scontro di civiltà e di religioni.
E infine, ma non ultimo, si assiste alla nascita di quello che viene chiamato “Razzismo Economico”
Pochi hanno la coscienza che questo nuovo razzismo è tutto un problema economico perché vengono confusi e mescolati i termini: la Spagna, ad esempio, che si dichiara antirazzista, contratta coi governi nord africani l'importazione temporanea di lavoratori a basso costo. E' un razzismo che ha la funzione di mantenimento di lavoratori senza diritti nei posti più bassi della gerarchia sociale del paese. In Italia sarebbe interessante vedere se per una sola settimana scendessero in sciopero tutti quei lavoratori senza permesso di soggiorno (e per tanto senza contratto) dai campi, dai cantieri dalle fabbrichette cosa direbbe la base della Lega.
Generalmente l’immigrato è percepito come un potenziale fuorilegge; un nero che passeggia in un parco pubblico, ad esempio, è un potenziale spacciatore di droga. (Molti si ricordano il clamoroso caso, sollevato dalla stampa, dello studente ghanese di 22 anni – Emmanuel Bonsu – arrestato (perché scambiato per un pusher) e pestato a sangue da agenti della polizia municipale di Parma il 29 settembre del 2008. Il caso, dopo qualche timida critica e indignazione, era caduto nell’oblio.
È riemerso il 14 gennaio di quest’anno quando un magistrato ha ordinato l’arresto di quattro agenti con l’accusa di: arresto arbitrario, violenza privata, falso, sequestro di persona. Ma non sono in tanti a sapere dell’arresto dei poliziotti. La notizia è passata in sordina perché i media – quelli che fanno ascolto e opinione – dovevano rispettare la parola d’ordine, ovvero salvaguardare l’immagine delle istituzioni.)
Tutto questo intrecciarsi di fatti e contraddizioni ci dice come il razzismo nell'Europa del XXI secolo sia ancora più complesso che in passato, il razzismo infatti non ha colore, tutti possono essere razzisti.
Per combatterlo non servono buonismo o giustificazioni, va smascherato ovunque sia:quando ci troviamo di fronte a un cattolico che discrimina un musulmano, sia che ci sia un musulmano che usa violenza a un ebreo. Tutte le discriminazioni sono colpevoli. Il peggiore dei razzismi è negare a ogni persona la responsabilità dei propri atti. Perché noi tutti siamo uguali e quale che sia la nostra religione, provenienza o contesto culturale siamo chiamati a rispondere della legge universale che ci impone di rispettare la dignità del prossimo.
CINZIA MORACHIOLI
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