sabato 25 luglio 2009

G1000 democratico a L'Aquila. Con Bersani, Civati, Franceschini


Ore 14.00, Sala conferenze Carispaq, Complesso Strinella 88
Via Pescara, 2 - L'Aquila



Dopo il G8 un g1000 del Partito Democratico per parlare del Paese, delle sue macerie e della sua ricostruzione, dal luogo della emergenza più tragica, dalla città distrutta dalla furia del terremoto e dall’incuria dell’uomo.

Vi racconteremo, senza filtro mediatico, il dramma del terremoto. Non perché questo sia argomento di dialettica congressuale; Il partito deve avere una voce sola per smascherare le bugie del Governo e un unico solenne impegno per superare l’emergenza e ricostruire L’Aquila.

L’Italia ha bisogno di una grande forza democratica e il Pd, come L’Aquila, ha bisogno del coraggio di chi vuole ricominciare, di comprendere le cause che hanno generato i problemi e le sconfitte e soprattutto ha bisogno della capacità di indicare la nuova meta: quella città, quel Paese che ancora non c’è e che si potrà costruire solo con il contributo di tanti.

Un momento di riflessione al quale sono invitati i Candidati alla Segreteria nazionale del PD e del quale saranno protagonisti i “nomi che non fanno titolo” ma vivono la loro esperienza politica o amministrativa dal “fronte”, lì dove c’è l’Italia senza filtri.

Un confronto sui contenuti e non sulle correnti o sulle logiche di schieramento. Una discussione tra sensibilità diverse, senza vincoli di mozione congressuale. Un incontro per far prevalere le idee e la voglia di intrecciarle insieme dei tanti che, prima di tutto, hanno a cuore il Pd e L'Italia.

Hanno confermato la loro partecipazione:

Dario Franceschini, Pierluigi Bersani, Giuseppe Civati, Mario Adinolfi, Cesare Damiano, Vinicio Peluffo,Francesco Verducci, Patrizio Mecacci, Enzo Amendola, Valentino Valentini, Sandro Gozi,Maria Teresa Altorio, Fausto Raciti, Federica Mariotti, Antonio Iannamorelli, Roberto Aloisio, Marco Alessandrini, Roberta Galeotti.

venerdì 3 luglio 2009

Ddl sicurezza: un danno per il Paese



"Un danno per il Paese" che allunga "sull'Italia l'ombra della xenofobia". Così il segretario del Pd, Dario Franceschini boccia il ddl sicurezza approvato oggi dalla maggioranza. “Il reato di clandestinità - ha dichiarato Franceschini - è un provvedimento bandiera, dannoso perché rischia di ingolfare il lavoro dei magistrati e di riempire le carceri senza essere un concreto intralcio alla criminalità che controlla e sfrutta l'immigrazione clandestina".

“Si tratta di provvedimenti che, anche a giudizio delle organizzazioni internazionali cominciando dall'Unione europea, fanno gravare sull'Italia l'ombra della xenofobia e finiscono solo per acuire le paure senza dare risposte ai problemi reali". "Il governo è stato costretto ad andare avanti a colpi di voti di fiducia a riprova di una militarizzazione della maggioranza e di uno svuotamento delle funzioni del Parlamento".

"Questo ddl – ha continuato Franceschini - ha per titolo la sicurezza ma in realtà accresce l'insicurezza: nessuna risorsa in più è destinata alle forze di polizia, che anzi vedono quotidianamente aggravarsi i problemi di strutture efficienti e di mezzi, di risorse per straordinari e nuove assunzioni, mentre passano provvedimenti sbagliati, inutili e dannosi".

“Siamo davanti – ha concluso il segretario del Pd - a provvedimenti gravi: davanti a tutta l'enfasi che il governo mette in questi giorni sul tema dell'immagine dell'Italia, ebbene, non c'era nulla di peggio da fare. Questa immagine già tanto lesionata, subisce davanti alle autorità internazionali e all'opinione pubblica straniera un colpo serio. Basta guardare il giudizio della Chiesa, delle organizzazioni umanitarie italiane e straniere o quello del commissario Ue ai diritti umani".

(www.dariofranceschini.it)

Democrazia e cittadini, la sfida del nuovo PD


Partiti regionali federati Democrazia e cittadini, la sfida del nuovo PD

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero

Anche se tirare sassi contro i partiti è diventato un esercizio largamente condiviso, non ho mai visto funzionare una democrazia senza un ruolo forte e attivo dei partiti politici. Eppure le energie spese per mettere in pratica l’indicazione contenuta nell’ articolo 49 della nostra Costituzione sono state del tutto trascurabili. Anzi, dobbiamo constatare che sono state spese più energie a impedire che non ad accogliere l’invito dei padri costituzionali che hanno saggiamente scritto che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale“.

Le conseguenze di questo comportamento sono di fronte agli occhi di tutti e non è un caso che in ogni competizione elettorale si moltiplichino le lamentele sulle candidature a cui i cittadini sono chiamati a dare il proprio voto. I cittadini si sentono infatti espropriati nelle loro scelte da decisioni che vengono prese con criteri assolutamente arbitrari e non comprensibili. Tutto questo è grandemente aiutato da una legge elettorale che non consente agli elettori di compiere una vera scelta del candidato, fino ad aver perfino permesso il terribile “gioco” delle “veline”.

In questa sede voglio però limitarmi ad alcune brevissime considerazioni sul Partito democratico che, come dice la parola stessa, deve fare del metodo democratico la sua bandiera e la sua ragione d’essere. Il che vuole dire rispondere ai bisogni e alla volontà dei suoi elettori e evitare che alla vigilia di ogni congresso si ripeta il miracolo della lievitazione delle tessere.

E vuole dire, inoltre, maggiore trasparenza e maggiore vicinanza tra il partito e i propri elettori.
La mia semplice proposta di oggi è la ripetizione (purtroppo dopo molti anni) di quella che feci all’onorevole De Mita quando si stava profilando un crescente distacco tra l’elettorato di alcune regioni e la Democrazia cristiana. La proposta era semplice ed elementare e cioè di costituire in ogni regione un Partito regionale (Lombardo, Laziale, Siciliano, ecc.) dotato di ampia autonomia interna, ma obbligatoriamente federato alla Democrazia cristiana nazionale e legato alle sue decisioni sui temi politici di maggiore rilevanza.

Con una ulteriore clausola, cioè che i delegati inviati dai partiti regionali al Congresso Nazionale fossero esclusivamente in proporzione dei voti riportati nelle ultime elezioni e non dei tesserati al Partito. Ho avuto in seguito più volte occasione di ripetere questa proposta e credo che oggi il Partito democratico, per affrontare con successo il futuro, abbia bisogno di riesaminare questa antica e inutilizzata ricetta, anche se con l’aggiornamento reso necessario dall’introduzione delle primarie. L’elettore ha infatti il diritto di scegliere leaders regionali che conoscano e soprattutto rispondano alla propria base territoriale e che, forti di questa appartenenza e di questa legittimazione, contribuiscano, attraverso i voti della propria regione, alla elezione dei vertici nazionali.

Appare chiaro che questa proposta non è in grado di chiudere totalmente il baratro che si è aperto fra i partiti e i cittadini, ma darà certamente un contributo positivo al controllo democratico della vita politica. Ed un contributo anche maggiore alla democrazia sarà dato dal fatto che i dirigenti del partito saranno maggiormente spinti ad interpretare le esigenze ed i problemi del territorio, rendendo il cittadino più capace di esercitare le sue funzioni di arbitro. Mi rendo conto della semplicità della proposta e della difficoltà della sua attuazione, ma penso che queste ingenuità possano essere perdonate, in quanto provenienti da un cittadino che personalmente, non trarrà alcun vantaggio dalla eventuale messa in atto della proposta stessa.
(www.romanoprodi.it)